Ai tempi in cui da Viterbo ho cominciato a lavorare a Roma, a 36 anni suonati, l’idea di passare nottate intere sotto il cielo notturno di qualsiasi stagione era ben lontana dalla mia mente, non distinguevo un pianeta da una stella e riconoscevo a malapena due sole costellazioni (orsa maggiore e orsa minore).

Certo, da bambino, un po’ di fascino per i misteri del cosmo, per le imprese degli astronauti e per le loro passeggiate lunari l’ho provato, ma il mio approccio alla materia era stato superficiale e, oggi lo so, non avevo capito un granché. Giocavo a fare l’astronauta indossando una scatola sulle spalle a mo’ di zainetto da cui partiva una cordicella o un tubicino che tenevo in bocca (per l’ossigeno, è chiaro!)

Fu solo verso la fine del 2004, quando la mia vita si era ormai avventurata per altri e talvolta più complicati universi (quelli dei bilanci, delle normative fiscali e civilistiche, dei consigli di amministrazione e dei dati andamentali), che cominciai a guardare il cielo con più cognizione di causa, grazie a qualche libro e a qualche atlante stellare per amatori.

La svolta avvenne però nell’estate del 2005, una domenica pomeriggio sotto un enorme ciliegio, allorché mio suocero disse:

“Mi piacerebbe comprare un telescopio, potresti informarti in qualche negozio di Roma?”.

“Certo” risposi “Anzi, sa cosa le dico? Anche io voglio comprare un telescopio!”

Lo comprammo insieme, un riflettore Newtoniano da 200 mm di apertura e 1000 mm di focale con montatura equatoriale motorizzata, qualsiasi cosa ciò volesse dire!

La prima sera vale la pena di essere brevemente raccontata: montare tutto fu relativamente facile, farne uso fu destabilizzante!

Il manuale era chiarissimo, ma questo lo scoprii solo successivamente quando lo rilessi dopo aver ormai capito tutto per altre vie.

Uno dei problemi fondamentali con i quali si scontra un neo-astrofilo che guarda per la prima volta dentro all’oculare di un telescopio è che la porzione di cielo inquadrata è piccolissima e anche affollata di stelle altrimenti invisibili a occhio nudo. Cercare un oggetto che non si trovi nelle immediate vicinanze di un astro particolarmente evidente (e sono la gran parte) si rivela quindi un’impresa ben più difficile del previsto (almeno se non si è dotati di montatura computerizzata).

Ma il colpo di grazia me lo diede un aereo di passaggio che, attraversando la zona di cielo inquadrata, mi fece d’un tratto realizzare che la visione attraverso l’oculare era totalmente invertita (l’alto con il basso, la destra con la sinistra) e così è in tutti i telescopi.

Non si tratta di una malvagità ordita dai costruttori, il fatto è che ogni volta che la luce attraversa un mezzo (tipo il vetro di una lente) subisce un “deterioramento”. Applicare quindi un raddrizzatore di immagine per l’osservazione di un ambiente come il cielo profondo, dove non v’è un riferimento assoluto in base al quale stabilire il “verso” di un oggetto, vuol dire frapporre l’ennesimo ostacolo al cammino di una fonte luminosa che è giunta fino a noi dopo decine, centinaia, migliaia o anche milioni di anni luce, ha attraversato l’atmosfera terrestre, è riuscita a non perdersi nell’inquinamento luminoso prodotto dalle nostre città, è rimbalzata tra gli specchi e le lenti dello schema ottico del nostro telescopio per poi offrirsi, infine, alla visione dei nostri occhi che al buio hanno anch’essi i loro bei limiti!

Eppure, non ci crederete, la prima sera riuscii a vedere una delle nebulose planetarie più famose, M57 o Nebulosa ad Anello (Ring Nebula per gli anglofoni), nella costellazione della Lyra, visibile nel cielo proprio in questa stagione e impreziosita dalla sua componente più famosa: Vega, la quinta stella più luminosa del cielo notturno, la seconda nell’emisfero boreale dopo Arturo (ebbene si, si chiama così, Arturo!).

Conscio tuttavia dei molti aspetti tecnici che mi rimanevano oscuri, cominciai a cercare aiuto e ne trovai in gran quantità su internet scoprendo l’esistenza di alcuni virtuali luoghi di incontro degli astrofili di tutta Italia e anche oltre: i forum e i siti specializzati.

E’ qui che gli appassionati di tutti i livelli propongono i loro dilemmi, sottopongono le loro immagini, avanzano i quesiti più disparati, condividono le tecniche più fantasiose e, state pur certi, qualsiasi problema sperimentiate con il vostro telescopio, qualcun altro ha già vissuto la stessa esperienza e, se l’ha trovata, condividerà con voi la soluzione.

Ancora meglio se ne rintracciate qualcuno che abita dalle vostre parti: vedere anche solo una volta un astrofilo all’opera vi farà fare un salto cognitivo inimmaginabile, guadagnerete mesi ed entusiasmo!

Oppure potete partecipare a qualche raduno, i cosiddetti star party: sono liberi, l’importante è che non vi presentiate sul posto in massa, con i fari della macchina spianati o con torce che non siano a luce rossa (rischiate il linciaggio, io ve l’ho detto!).

Peraltro, forse non è a tutti noto che sotto un cielo anche solo discreto, l’osservazione di molti oggetti celesti (e parlo di galassie, nebulose, ammassi globulari, roba distante!) è possibile utilizzando un buon binocolo 7×50 (7 ingrandimenti x 50 mm di apertura) una torcia a luce rossa e un atlante stellare.

Per quel che mi riguarda, oggi, grazie alla massa di informazioni disponibili e acquisite ma anche ad una bella tenacia di cui a volte mi sorprendo io stesso, la messa in funzione di un telescopio ai fini di una semplice osservazione visuale (l’astrofotografia è un capitolo a parte, uno sport estremo, altro che il rafting!) è una cosa che sbrigo in qualche decina di minuti, anche perché, a pensarci col senno di poi, non è un granché complicata.

Successivamente, non contento, mi sono complicato la vita (e le serate) con l’astrofotografia: ma questa è un’altra storia!

Sergio